Mercato unico digitale Italia

È un’Italia a due facce quella che emerge dall’ultima analisi della Commissione Ue sullo stato di salute del Mercato unico digitale: se infatti il nostro Paese appare ancora in ritardo in termini di sviluppo digitale, stiamo però risalendo la china sul versante della fatturazione elettronica, usata dal 30% delle imprese.

Si può fare di più: è questa la sintesi del messaggio che Andrus Ansip, vicepresidente della Commissione Ue con delega al Mercato unico digitale, ha lanciato nei giorni scorsi agli Stati membri commentando gli ultimi dati sulla digitalizzazione all’interno del Vecchio Continente. Per la precisione, Ansip ha ribadito che “non vogliamo un’Europa digitale a due velocità“, e che dunque servono maggiori investimenti per cogliere le opportunità che sono in campo.

La classifica Desi per l’Ue. Nel complesso, l’Ue sta facendo progressi, e la tradizionale classifica Desi (che misura l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società) riporta infatti un miglioramento di 3 punti percentuali rispetto all’anno scorso nella prestazione digitale media, ma ci sono ancora grandi differenze per quanto riguarda i singoli Paesi. In generale, si procede sulla connettività, ma non ancora a sufficienza per far fronte al fabbisogno futuro; crescono poi gli esperti digitali e il numero di europei che utilizza i servizi pubblici online, ma in nazioni come Polonia Grecia, Bulgaria, Croazia e Romania, nonché la stessa Italia, si segnalano ancora ritardi rispetto alla media dell’Unione.


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Italia in basso. A livello assoluto, l’Italia si posiziona soltanto venticinquesima sui 28 Stati Ue, e neanche nell’ultimo anno è riuscita ad accorciare le distanze sul digitale ai primi posti della classifica, e in particolare su Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi che si confermano in testa (e che guidano anche la classifica mondiale, facendo meglio di Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti). Secondo il report, il nostro Paese arranca ancora sulle tematiche di connettività, competenze digitali, digitalizzazione delle imprese e dei servizi pubblici, ma ha compiuto progressi significativi.

Indicatori in dettaglio. Andando a guardare nello specifico tutti i parametri che concorrono a formare l’indice Desi, l’Italia non appare in grande forma: siamo infatti indietro su connettività, capitale umano (ovvero un insieme combinato di utilizzo di internet, competenze digitali di base e avanzate), digitalizzazione delle imprese e commercio elettronico, e-government. Eppure negli ultimi dodici mesi si è molto lavorato, come riconosciuto dalla Commissione, con positivi incrementi sulla copertura delle reti (ma “la diffusione della banda larga fissa è ancora bassa, nonostante i prezzi siano diminuiti”).

Miglioramenti sulle fatture digitali. In crescita anche gli italiani che sono connessi, ma restano basse le competenze in tutti gli indicatori, e soprattutto le attività effettuate online sono di molto inferiori alla media Ue, portando il Paese al penultimo posto in Europa. Va invece meglio sul versante della digitalizzazione delle imprese: ad oggi, infatti, il 30% delle aziende usa la fatturazione elettronica, grazie anche allo sviluppo di prodotti come Danea Easyfatt, software di fatturazione per Pmi, che ha avvicinato il tessuto imprenditoriale a questi servizi online.


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Passi in avanti. La percentuale di utilizzo della fatturazione digitale è oggi molto superiore alla media Ue, che si ferma al 18%, e un’ulteriore spinta potrebbe arrivare anche dalla introduzione della fatturazione elettronica tra privati (la cosiddetta B2B), cui di recente ha aperto anche il Consiglio nazionale dei commercialisti, specificando comunque che per il suo completo successo e diffusione “servono certificatori in grado di controllarne il meccanismo”.

La Fattura B2B. Il vicepresidente della categoria, Davide Di Russo, ha affermato in un’audizione presso la Commissione parlamentare per la semplificazione che l’introduzione della fatturazione elettronica anche nel B2B potrebbe aiutare a semplificare il nostro sistema Paese e a colmare i gap rispetto ai competitor internazionali, auspicando però come accennato la necessità di sottoporre il processo a verifica da parte di esperti dotati di specifiche competenze nel settore fiscale e nella tenuta della contabilità, per garantire il corretto e completo esperimento dei controlli.