La recensione di Youth - La giovinezza di Paolo Sorrentino

Ho un po’ di difficoltà a parlare di Youth – La Giovinezza e, come al solito per i film di Sorrentino, avrei bisogno di una seconda visione per mettere più a fuoco citazioni, immagini, personaggi secondari, collegamenti.
Di sicuro più semplice e più immediato rispetto a La Grande Bellezza, della quale riprende lo stile narrativo, alcune tematiche e lo stile registico, ne perde a mio avviso un po’ di lirismo scenografico.
Un cast internazionale al servizio di una sceneggiatura atta a raccontare un concetto di “Giovinezza” che va oltre la mera questione anagrafica, diventando uno stato dell’anima, nonché l’unico motivo per continuare a vivere e sperare.
Una vacanza estiva in un centro benessere nelle Alpi Svizzere diventa il luogo per fare un bilancio del passato, valutare il presente e guardare il futuro.

Il protagonista, Fred Ballinger, anziano compositore e direttore d’orchestra in pensione, si trascina nel suo stato di apatia tra i fantasmi delle passioni che ha accantonato e un passato che rifiuta di affrontare.
Similmente a Jep Gambardella, vive in un limbo da cui può affrancarsi mettendo a fuoco il suo passato e ripartendo da quello.
In un certo senso Youth – La Giovinezza è una evoluzione di una delle tematiche de La Grande Bellezza: Giovinezza diventa quello stato dell’anima, non collegato all’età anagrafica, dettato dalla conoscenza di quello che si è fatto, ma soprattutto la spinta per continuare a vivere e avere scopi.
Giovinezza è vedere un obiettivo da vicino, è sentire l’odore della libertà, è capire cosa si vuole fare “da grande” ovvero, semplicemente, nel futuro.
Vivere significa vedere nel futuro ancora opportunità, significa sentirsi vivi, e tutti i personaggi che soggiornano nel Resort lo capiranno, nel bene e nel male.

Linguaggio e cast di Youth – La Giovinezza

Raccontato con quel lirismo tipico del linguaggio cinematografico di Sorrentino, con la sua tradizionale ricerca della perfezione espressiva nella fotografia, nel racconto attraverso immagini silenziose di corpi abbandonati, nella colonna sonora come al solito perfetta, forse Youth – La Giovinezza potrebbe peccare proprio nell’eccessivo estetismo espressivo, che richiama quella narrazione spirituale tipica anche del cinema di Malik: in questo caso, però, alle voci fuori campo, si sostituiscono le musiche.
Gli omaggi a Fellini non mancano nemmeno in questa pellicola, ma sicuramente in maniera più episodica e meno sistematica rispetto al precedente film.
Esteticamente impeccabile, Youth – La Giovinezza potrebbe risultare freddo ma per fortuna una buona dose di ironia e di “eccessi” evita il rischio noia.
Cast internazionale perfetto, da Michael Caine ad Harvey Keitel fino a Rachel Weisz; ma non posso non dedicare una parola in più ad un cameo eccezionale, da annali, di una splendida Jane Fonda in uno dei personaggi più forti, drammatici ed intensi: un grandissimo momento di Cinema quello del dialogo tra lei ed Harvey Keitel.

In definitiva posso dire che, per fortuna, nonostante la mediocrità media in cui sprofonda il cinema italiano in questo momento, la tradizione del Grande Cinema d’Autore continua e grazie a registi come Sorrentino, come Martone, Salvatores, Garrone, Virzì, la lezione dei grandi Maestri del passato non viene dimenticata e rimane “giovane”.