Orphan Black seconda stagione

Questa sera, su BBC America e Space (emittente canadese), torna una delle migliori serie del 2013. Anzi, a mio parere, Orphan Black è uno dei migliori telefilm di sempre, senza esagerare.

La trama, molto semplificata, è questa: alcune donne scoprono di essere state clonate e cercano di sfuggire a un misterioso killer che vuole ucciderle tutte.

La serie rientra nel genere science fiction e, come le migliori sci-fi, nonostante lo scenario fantascientifico, affronta problemi e questioni di tutti i giorni attraverso la vita di personaggi molto reali. Per dirla con le parole di Dylan Bruce – attore che interpreta Paul in Orphan Black: «Abbiamo tolto la fiction dalla science fiction».

Il telefilm parla, ad esempio, dell’eterno contrasto natura vs cultura, genetica vs educazione; dei danni che un’istruzione integralista – in questo caso cristiana (non so bene se cattolica o ortodossa, ma è importante?) – può fare nella mente di qualcuno. Parla di come persone con lo stesso “equipaggiamento” genetico possano prendere strade completamente diverse, quali la scienza, la maternità o l’assassinio. Parla di etica della scienza, ovviamente, di sètte religiose e scientifiche, di adozioni e uteri in affitto. Il tutto confezionato in un telefilm che non è solo sci-fi, ma anche drama, commedia e poliziesco e presentato da personaggi femminili di ogni tipo, interpretati in gran parte da Tatiana Maslany.

Tatiana, attrice canadese classe 1985, è colei che interpreta in modo magistrale i sette cloni di Orphan Black (nella prima stagione, e chissà quanti nella seconda). Cloni che hanno origini, personalità, accenti e linguaggi del corpo completamente diversi. Nella storia della televisione o del cinema non si è mai visto nulla di simile, per complessità delle scene e per bravura della protagonista; per questo in molti si sono chiesti come mai Tatiana Maslany non abbia ricevuto riconoscimenti importanti oltre ai Critics Choice Awards.

Ma unica è anche la tecnica per girare le scene con due o più cloni – dato che l’attrice è una sola e che i cloni non solo si parlano, ma interagiscono anche fisicamente, toccandosi, abbracciandosi e anche picchiandosi. Il processo è difficile da spiegare, ma l’importante è sapere che c’è una macchina da presa speciale che registra i movimenti di una determinata scena e li ripete quante volte è necessario perché Tatiana interpreti tutti i cloni.

Se volete saperne di più, questo video mostra le sequenze delle riprese di Orphan Black:

La parte più difficile del lavoro tocca a Tatiana, insomma, che ha il compito di rendere l’insieme il più naturale e fluido possibile e di farci dimenticare che c’è una sola attrice dietro tutti questi personaggi. E il bello è che ci riesce, alla grande.

Potrei proseguire a tessere le lodi di Orphan Black parlando di quanto sia importante la sua rappresentazione del mondo femminile a tutto tondo o la sua rappresentazione del mondo LGB (non c’è ancora la T di transgender, ma chissà, Tatiana ha detto che non le dispiacerebbe), però poi il post sarebbe troppo lungo e non lo leggerebbe più nessuno e sarebbe tutto tempo sprecato.

Perciò niente, provate a guardare Orphan Black e poi venite a dirmi che non è meraviglioso, se ne avete il coraggio.