La recensione de L'Arte della Felicità di Alessandro Rak

Ci sono momenti della vita in cui sei preso da bilanci e analisi, in cui nella testa si affollano ricordi, sogni infranti, sogni rimasti nel cassetto; in cui la testa vaga di continuo, non vuole fermarsi, non riesce a fermarsi e forse ne ha anche un po’ paura. Sono i momenti in cui sogni che un barlume di poesia ti prenda e ti rapisca, o meglio, non è che lo credi possibile, ma sotto sotto lo speri. Hai bisogno di poesia. Semplice. Immediata. Sincera.

Se c’è un posto dove questo può capitare è nel buio di una sala cinematografica. Entri carico di speranze, si spegne la luce e appare un albero, un maestoso albero dalle larghe fronde, ripreso dal basso, l’erba che si muove al vento e piano piano ti ritrovi in volo tra il Nepal e Napoli, tra un monaco buddista e un taxista. E per 80 minuti viaggerai tra paure, sogni, speranze, fragilità, sicurezze e ricordi… tanti ricordi.

L’Arte della Felicità, opera prima di Alessandro Rak, è un film d’animazione italiana, napoletana, uno di quei piccoli miracoli che non ti aspetti ma che ti meraviglia quando scopri che esistono, quel miracolo di bellezza sincera fatto di umanità, di ricordi, di Vita.

Attraverso il percorso in taxi di Sergio in una Napoli piovosa, invasa dai rifiuti, si viaggia attraverso l’umanità che sale sull’auto e attraverso la storia passata e presente del taxista. Un viaggio lungo, interminabile, come proprio quei viaggi mentali che nei momenti più duri non si fermano, non conoscono sonno, non conoscono sosta. E così, tra donne in fuga dalla famiglia, parenti, speaker di radio, Sergio ha modo di elaborare il tremendo periodo che sta passando, scoprire dove si annida la speranza che al momento sembra nascosta.

Ed è un meraviglioso viaggio che facciamo con lui. Perché è impossibile non rivedere il proprio vissuto in quello di Sergio e la Vita che viene narrata, la frustrazione e la paura, è quella di una persona, di un popolo, di Sergio, mia. La grandezza di questo film è proprio la capacità di rendersi universale, oltre la spazzatura di Napoli, oltre il taxi di Sergio.

E sicuramente tutto questo è veicolato da una perfetta conoscenza di tempi cinematografici, di una sceneggiatura a dir poco impeccabile che si appoggia a una tecnica di animazione suggestiva, importante, che miscela in maniera sapiente 2D e 3D e che si accompagna a una colonna sonora che da sola meriterebbe il prezzo del biglietto. In 80 minuti ti commuovi, ridi, ritrovi il tuo passato (il mio, poi da napoletano di nascita, è stato ancora più presente) ed esci con un sorriso speranzoso… perché in fondo, sarebbe sempre bene ricordarlo: “La tristezza te la danno per poco, ma pure la felicità non costa nulla. Allora, tu che scegli?”.