Candidati alle elezioni americane 2012
Foto: Gli altri candidati alle elezioni americane 2012 / bu.edu

Nella prima puntata della serie televisiva The Newsroom, veniva chiesto al protagonista Will McAvoy perché gli Stati Uniti sono il più grande paese del mondo. Il giornalista, interpretato da Jeff Daniels, rispondeva: “Non c’è assolutamente nulla che provi che siamo il più grande paese del mondo: siamo settimi per tasso di alfabetizzazione, 29esimi in matematica, 22esimi nelle scienze, 49esimi per aspettativa di vita, 178esimi per mortalità infantile, terzi per reddito familiare medio, quarti per forza lavoro ed esportazioni”. E che gli Stati Uniti sono “i primi al mondo soltanto in tre settori: numero di detenuti pro-capite, numero di adulti che credono negli angeli e spese per la Difesa – settore in cui spendiamo più di ventisei nazioni messe assieme, delle quali venticinque sono nostre alleate”.

Alcuni di questi dati li ho personalmente verificati e, dopo aver seguito piuttosto attentamente la campagna per le imminenti elezioni americane, vorrei aggiungere un’altra motivazione: non è una vera democrazia. E non lo dico perché il sistema elettorale americano ha un metodo di elezione indiretta.

Il problema è ben prima dell’Election Day. Sì, è un problema, se ci sono sei candidati alla presidenza e le persone ne (ri)conoscono solo due – sia qui, che negli Stati Uniti.

Chi sono gli altri candidati alle elezioni americane?

Non è solo questione di soldi e di visibilità (trovo piuttosto ovvio che il Presidente in carica sia più famoso dei nuovi candidati), è questione soprattutto di regole: essendo il sistema americano principalmente bipartitico, solo i candidati dei due partiti principali (Democratico e Repubblicano) hanno la possibilità di prendere finanziamenti pubblici e di partecipare ai dibattiti televisivi trasmessi in tutta la nazione.

In più, le leggi per le candidature alla Presidenza sono federali, ciò significa che, in alcuni Stati, per avere il proprio nome sulla scheda elettorale i candidati “altri” devono raccogliere un tot di firme, ma i nomi dei partiti più grandi, che compaiono automaticamente in tutti gli Stati, occuperanno ovunque i primi due spazi in alto, dando un ulteriore vantaggio a democratici e repubblicani.

Non sono in grado di fornire un resoconto dettagliato dei programmi dei quattro canditati “alternativi” delle prossime elezioni americane (non sarei in grado di farlo neanche coi programmi dei candidati alle primarie PD, ma temo non sia tutta colpa mia) e non è nemmeno compito mio informare gli elettori americani a riguardo, ma vi darò un’idea di chi sono gli altri quattro possibili (ma molto improbabili) Presidenti. Se poi volete approfondire, potete guardare il dibattito che stasera, alle 00.30 ora italiana, si terrà al Busboys and Poets, ristorante di Washington D.C., e dovrebbe essere trasmesso in streaming sul loro sito.

A voler essere proprio precisi, i candidati alle elezioni americane sarebbero più di sei (QUI una lista non completa dei partiti statunitensi), ma di questi – oltre a Obama e Romney – solo quattro hanno ottenuto la candidatura in un numero sufficiente di Stati da poter essere eletti. Ricordo, infatti, che per diventare Presidente degli USA, serve la maggioranza nell’Electoral College che ora è pari a 270 voti.

Gary Johnson del Libertarian Party

Il Libertarian Party è il maggiore dei terzi (partiti) incomodi e può ottenere un massimo di 515 voti (su 538 totali). Il partito è stato fondato nel 1971 e, come dice il nome, sostiene il liberalismo, il laissez-faire in economia e la difesa dei diritti civili. Il candidato presidente, Gary Johnson, imprenditore ed ex Governatore del New Mexico, nel 2011 aveva tentato la strada delle primarie nel partito Repubblicano, restandone però escluso.

Jill Stein del Green Party

Jill Stein e Cheri Honkala del Green Party sono le uniche candidate donne e sono anche le uniche ad aver raggiunto la ribalta della cronaca internazionale, in seguito all’arresto avvenuto a New York per aver protestato contro l’esclusione dei partiti minori dal dibattito “ufficiale”, quello che va in onda in tutta la federazione. Jill Stein, candidata alla Presidenza, è un medico che conduce la sua campagna, dice su twitter, per “un futuro sicuro e verde”.

Virgil Goode del Constitution Party

Virgil Goode, sostenuto dal Constitution Party, è un candidato che da noi sarebbe chiamato di estrema destra, anche se è stato eletto alla House of Representatives prima come democratico, poi come indipendente e infine come repubblicano. Super-conservatore, nazionalista, a favore del protezionismo e del non-intervento nella politica estera, il Costitution Party contiene al suo interno anche movimenti come “La destra Cristiana”.

Rocky Anderson del Justice Party

Il quarto e ultimo partito è anche quello di più recente formazione, il Justice Party, infatti, è stato fondato soltanto lo scorso anno e proprio con lo scopo di portare Rocky Anderson, sindaco di Salt Lake City dal 2000 al 2008 e avvocato di diritti civili, a queste elezioni presidenziali. È un partito di centro-sinistra, lavora per una riforma finanziaria ed è alla ricerca di una “giustizia economica”, una “giustizia ambientale” e una “giustizia civile e sociale”.